LA FAVOLA E IL SUO SUCCESSO
C'era una volta un pilota militare americano reduce della seconda guerra mondiale che, trovandosi a gironzolare dalle parti di Dashare in Egitto, scovò per caso in una vecchia tomba una manciata di semi vecchi di quattromila anni; li prese e ne regalò 36 a un suo amico, tale Earl Deadman, che a sua volta li spedì a suo padre, un agricoltore del Montana che li piantò e miracolosamente alcuni di essi germinarono, consentendo così l'avvio di una produzione, anche se molto limitata. Dopo un breve successo nelle fiere locali, dove quel grano dai chicchi grandi destò qualche curiosità e venne soprannominato "Grano del Faraone Tut", venne dimenticato fino a che nel 1977 tali Quinn, una famiglia di agricoltori sempre del Montana, ritrovarono quei semi in uno scantinato e decisero di moltiplicarli.
Nel 1987 il più giovane della famiglia, con buona propensione per gli affari, decise di dare un'identità a quel grano con un nome commerciale riconoscibile e commerciarlo: consultando un dizionario dei geroglifici trovò la parola "kamut", che ha il reale significato di grano, e il 3 aprile 1989 la registrò fondando la "Kamut International ltd".
Nel 1990 Quinn ottenne anche il certificato di protezione su quella varietà (denominata ufficialmente QK-77) , diventandone a tutti gli effetti l'unico proprietario poiché il certificato di protezione è comparabile a un brevetto, in questo modo la Kamut International divenne l'unica società autorizzata a commerciarla: qualsiasi agricoltore avesse voluto seminare quel tipo di grano e venderlo, qualsiasi mulino avesse voluto ricavarne farina, non avrebbe potuto farlo senza la previa autorizzazione della Kamut International, pagando le relative royalties.
Solo le aziende autorizzate possono acquistare, commercializzare e
macinare questo cereale. La produzione del Kamut è regolata in modo
molto rigoroso e sotto lo stretto controllo dalla Kamut International: deve avvenire in modo biologico certificato
e rispettare una serie di norme. È coltivato quasi esclusivamente
nel Montana e negli stati canadesi dell’Alberta e del Saskatchewan. La
Kamut International afferma che sono stati fatti tentativi sperimentali
di coltivazione in Europa (e anche in Italia), ma
con poco successo sino a ora.
Dal 1992 la richiesta di mercato è in continua crescita con incrementi annui che hanno raggiunto anche il 70%; la Kamut International vende il suo prodotto, oltre che negli Stati
Uniti e in Canada, anche in Australia, in Giappone e soprattutto in
Europa. Nel 2010 ne ha esportate 12.000 tonnellate. Tutto il Kamut spedito in Europa arriva in Belgio e
viene commercializzato da un’unica società, la Ostara, che a sua volta
lo rivende agli acquirenti autorizzati nelle varie nazioni.
L'Italia è il più grande consumatore di Kamut in Europa con oltre la metà delle vendite globali, seguita dalla Germania.
CHE COS'È REALMENTE IL KAMUT
Il kamut, come abbiamo visto, non è quindi altro che un marchio commerciale, come potrebbero esserlo Barilla o Mulino Bianco, associato ad una particolare varietà di grano orientale, il Khorasan, per trovare il quale non è assolutamente necessario scomodare le tombe dei faraoni egizi: al di là del fatto che il seme di grano perde la sua germinabilità dopo pochi decenni, una varietà di questo grano è ancora coltivata in Italia in alcune zone marginali comprese tra Lucania, Sannio e Abruzzo ed è denominata Saragolla; questo porta quindi a riconoscere che tutta la storiella delle tombe dei faraoni non sia altro che un'invenzione commerciale elaborata, con notevole successo, per stimolare il desiderio di qualcosa di antico, puro ed esotico.
Attualmente il certificato di protezione di questo grano è scaduto, quindi chiunque può coltivare il Khorasan QK-77, ma registrando il marchio la Kamut International ltd si è assicurata praticamente il monopolio mondiale: se infatti tutti possono coltivare il khorasan, nessuno può chiamarlo Kamut e con la pubblicità commerciale abilmente costruita, tutti vogliono farine kamut ma a ben pochi interessano le farine di Khorasan o Saragolla (in quanti di voi la conoscono?).
Attualmente il kamut è riuscito a colonizzare tutti i negozi biologici ed ecosostenibili, naturali e a Km.0... Etichettare come ecosostenibile e a Km0 un prodotto che ha attraversato l'oceano, e che prima di arrivare sui nostri piatti deve transitare per il Belgio e poi essere smistato da aziende autorizzate è paradossale, per non parlare del costo eccessivo del prodotto finito, (circa il quadruplo) rispetto a una normale farina di grano duro, poco giustificabile poiché tra i due prodotti c'è una sostanziale parità di valori qualitativi e nutrizionali, costo dovuto al regime di monopolio, ai costi di trasporto, ai diritti d'uso e di propaganda, ma dovuto anche agli effetti di un mercato dell'eccellenza che trasforma il cibo in oggetto di lusso, di gratificazione e di distinzione e che specula sul desiderio di rassicurazione e sul bisogno di salute.
Detto questo comunque il Khorasan è certamente un prodotto rustico, eccellente per la pastificazione e panificazione; come tutti i grani (ad esempio il farro) che non sono stati sottoposti a una selezione troppo spinta o a processi di miglioramento genetico, è facilmente tollerabile anche a chi ha leggere intolleranze e allergie non conducibili comunque alla celiachia, poichè, sfatiamo un mito, il kamut è ricco di glutine come si può vedere da questo prospetto:
Kamut: glutine secco 15,5% - glutine/proteine 94,5%
Frumento duro: glutine secco 12,5% - glutine/proteine 87,5%
Farro dicocco: glutine secco 14% - glutine/proteine 79%
Frumento tenero: glutine secco 13,4% - glutine/proteine 80,6%
Farro spelta: glutine secco 17,1% - glutine/proteine 93%
Tutte le proprietà e le qualità che abbiamo visto essere proprie del grano Khorasan, oltre alla Saragolla (praticamente introvabile) le possiamo ritrovare anche in una varietà di grano duro italiano, questa sì a Km0 e ecosostenibile: la Senatore Cappelli.
IL GRANO DURO SENATORE CAPPELLI
Venne ottenuto per selezione genealogica nel 1915 dal genetista Nazareno Strampelli, partendo da un ceppo di grano nord-africano ed è rimasto intatto fino ad oggi non subendo quindi le mutagenesi indotte da raggi x e y e da cobalto radioattivo che attualmente si usano per le modificazioni genetiche.
È quasi certo, tra l'altro, che questo tipo di modificazioni genetiche indotte vadano ad alterare la gliadina (proteina che insieme alla glutenina forma il glutine) che in fase digestiva dopo essere stata sottoposta a queste radiazioni, origina una sostanza chiamata Frazione III di Fraser responsabile del malassorbimento del glutine e quindi della celiachia.
Come il kamut, comunque, non è tollerato da chi soffre già di celiachia permanente
Contiene elevate percentuali di proteine, aminoacidi, lipidi, vitamine e minerali ed ha un'elevata digeribilità. Ottimo per pastificazione e pani di lunga levitazione, ha caratteristiche praticamente identiche al più pubblicizzato kamut, è coltivato unicamente in regime biologico e costa meno della metà di questo.
Non avendo alcun impatto ambientale dovuto al trasporto, alle royalties, a marchi registrati è di gran lunga preferibile al più osannato kamut.
Ciao e alla prossima
Luciano
(Fonti: LE BUGIE NEL CARRELLO di Dario Bressanini, Ed. Chiarelettere - Disinformazione.it)